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ABORTO. Sì definitivo di Parigi alla legge che imbavaglia internet

L’Assemblea nazionale ha dato il via libera all’estensione alle attività sul Web del reato di «ostruzione» all’esercizio del «diritto femminile fondamentale» di interrompere la gravidanza. Nello foto: March pour la vie a Parigi

Da una parte, l’iter parlamentare accelerato chiesto in extremis dal governo socialista francese per chiudere a ogni costo la legislatura con una nuova legge “emblematica” sull’aborto. Nel mirino, questa volta, i cosiddetti siti di «disinformazione » su Internet, accusati a gran voce dall’esecutivo di poter creare nuove forme di «ostruzione» telematica all’esercizio del «diritto femminile fondamentale» di abortire. Dall’altra, al momento ieri del varo definitivo all’Assemblea nazionale del contestatissimo testo di penalizzazione, l’impressione diffusa, più volte esplicitata dai deputati, di avallare in realtà uno strumento dalle conseguenze pratiche difficilmente prevedibili. «È un peccato chiudere un mandato politico su un testo così frettolosamente preparato», ha sbottato il neogollista Christian Kert, ergendosi a difesa più della reputazione dei lavori parlamentari, che della posizione di un singolo partito.

Ma da mesi, il messaggio dell’esecutivo era chiaro e ribadito con regolarità: la legge s’ha da fare. Così, dopo aver cancellato mercoledì in commissione d’un sol tratto di penna la precedente bozza (più prudente) dei senatori, la Camera bassa ha fatto valere ieri la propria preminenza istituzionale per varare definitivamente la legge: un voto per alzata di mano, in un’aula con appena una sessantina di deputati presenti. All’ultimo atto, è emersa come la volontà di molti di tenersi a distanza da un voto paradossale: per i deputati della maggioranza, quasi una mossa obbligata, considerando il clima elettorale, l’imminente partita delle investiture per le legislative di giugno e le dichiarazioni spese dal governo su questo fronte; eppure, per tutti, una prova vissuta in un clima d’ambiguità, data l’impossibilità di affrontare adeguatamente uno dei nodi etici più laceranti e delicati.

Dopo aver denunciato un testo contro la libertà d’espressione che «instaura un’autentica censura governativa », è stato lo stesso Kert a confermare che più di 60 parlamentari impugneranno la legge davanti al Consiglio costituzionale. Il testo «sarà certamente censurato», ha esternato il deputato. Da parte sua, la ministra socialista delle famiglie e dei diritti delle donne, Laurence Rossignol, sostiene che saranno puniti solo i siti Internet che dissimulano la propria opposizione all’aborto, presentandosi come neutri: «I militanti anti- aborto resteranno liberi di esprimere la loro ostilità all’aborto. A condizione di dire sinceramente chi sono, cosa fanno e cosa vogliono». Rispetto ai tentativi di ostruzione fisica ad esempio presso le strutture ospedaliere, la pena resta identica: fino a 2 anni di prigione e 30 mila euro di multa. Secondo diversi giuristi, dalla stessa formulazione contorta dell’unico articolo della legge traspare il gioco d’equilibrismo linguistico messo in atto per tentare di superare l’esame del Consiglio costituzionale, preannunciato da tempo dai banchi dell’opposizione. Sarà punito «il fatto d’impedire o di tentare d’impedire di praticare o d’informarsi su un’interruzione volontaria di gravidanza (…), anche per via elettronica o in linea, in particolare attraverso la diffusione o la trasmissione di affermazioni o d’indicazioni tali da indurre intenzionalmente in errore, con scopo dissuasivo, sulle caratteristiche o le conseguenze mediche di un’interruzione volontaria di gravidanza».

Se la legge passerà il test di costituzionalità, a quali elementi oggettivi ricorrerà un giudice per valutare se c’è stata un’«ostruzione» a distanza? In aula, diversi deputati hanno riproposto ieri la domanda. Ancora una volta, senza trovare risposta. Sullo sfondo, l’incertezza, la rabbia, talora lo sconcerto espressi da tanti servizi di ascolto delle donne incinte. Da più parti, si denuncia una legge puramente «ideologica». (Avvenire, Daniele Zappalà)

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