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FINE VITA. In aula il 30 gennaio tra contrasti e perplessità

Sono ben 3.300 gli emendamenti depositati al disegno di legge sul ‘fine vita’ che approderà alla Camera il 30 gennaio, come deciso dai capigruppo. Un fronte vasto, che tocca anche settori della maggioranza, non condivide il testo unificato approvato in commissione Affari Sociali, a fronte delle 16 proposte depositate, e minaccia ostruzionismo. La sola Lega, che promette battaglia con l’ex-Ncd Alessandro Pagano, ne ha presentati 1.280, quasi altrettanti (1.118) nella maggioranza quelli del partito di Alfano, circa 500 l’Udc con Paola Binetti.

Il disegno di legge parte dal divieto di trattamento sanitario «privo del consenso libero e informato della persona interessata ». L’articolo 3 introduce le Dat («disposizioni anticipate di trattamento») con cui ogni maggiorenne capace di intendere e di volere potrà rendere note in anticipo le sue richieste di trattamento sanitario. La relatrice Donata Lenzi, del Pd, parla di buon lavoro di mediazione e di argini al rischio eutanasia. Il testo prevede la possibilità per il medico di disattendere le Dat, d’accordo col fiduciario del trattamento, in caso di «motivate e documentabili possibilità, non prevedibili all’atto della sottoscrizione, di poter altrimenti conseguire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita». Viene inoltre precisato che «il rifiuto del trattamento sanitario indicato non può comportare l’abbandono terapeutico», e quindi viene sempre assicurata l’erogazione di cure palliative. Ma restano tanti nodi aperti, e i timori aumentano, a sentire l’esultanza del fronte apertamente favorevole all’eutanasia. Marco Cappato parla di «passo importante verso l’obiettivo per cui si batte l’Associazione Luca Coscioni, il riconoscimento ufficiale del diritto di scegliere come e quando terminare la propria vita».

Tante le voci perplesse nella stessa maggioranza. «La libertà di scelta non può estendersi fino a mettere a repentaglio la vita del paziente», avverte Gian luigi Gigli, deputato di Demos-Cd e presidente del Movimento per la Vita. «Lo Stato non diventi complice di scelte suicidarie, il nostro ordinamento punisce l’omicidio del consenziente», ricorda. Molti emendamenti puntano anche a impedire il rifiuto di alimentazione e idratazione assistite. «Non riguardando solo i malati terminali, la sospensione delle cure introdurrebbe l’eutanasia nella sua forma omissiva », spiega Gigli. Sugli stessi temi anche molte contro-proposte del Ncd, che si richiama anche alla deontologia medica. Di «provvedimento inaccettabile» parla il capogruppo Maurizio Lupi, che lo definisce «peggiorativo anche rispetto a disegni di legge presentati della scorsa legislatura». E promette battaglia «affinché il testo non diventi il paravento dietro cui celare il suicidio assistito». Eugenia Roccella, di Idea, parla di «testo così brutto che può servire solo a spaccare la maggioranza. Non è tutelata nemmeno la libera decisione, in scienza e coscienza, del medico», lamenta ponendo anche il tema dell’obiezione di coscienza, inserito fra gli emendamenti presentati con altri parlamentari, fra cui, oltre a Binetti dell’Udc, Raffaele Calabrò di Ncd. «A che serve – si chiede Binetti – erogare le cure palliative se si dispone con il divieto di alimentazione e idratazione, la più terribile delle sofferenze?». Ma ci sono perplessità anche nel Pd. «La delicatezza della materia chiede una certa cautela – interviene il deputato Ernesto Preziosi -. Se poi il risultato cui si aspira è far approvare la legge anche nel passaggio al Senato, abbiamo ulteriori motivi per eliminare alcune criticità». E indica fra i temi da approfondire, il regime a adottare per le persone incapaci di intendere e di volere. Il governo, su indicazione del ministro per i Rapporti col Parlamento Anna Finocchiaro, ha delegato il sottosegretario Sesa Amici, del Pd, a seguire la discussione sul ‘fine vita’. Ma il bivio, indicato da Preziosi, è chiaro. O forzare alla Camera, forte dei numeri, col rischio che poi il provvedimento si impantani al Senato, come già accaduto su altri temi sensibili. O aprire già a Montecitorio a correttivi al testo su temi cruciali. (Picariello, Avvenire 13gen2017)

Rossini: Troppe incertezze, si rischia l’eutanasia

Un testo che va chiarito molto meglio e che, così com’è, rischia di creare molti più problemi di quanti ne risolva. È il pensiero di Paolo Maria Rossini, docente di Neurologia all’Università Cattolica e direttore dell’area Neuroscienze al Policlinico Gemelli di Roma.

Qual è il suo giudizio sul disegno di legge?

Occorre definire in modo molto preciso l’ambito di applicazione: si parla di patologie progressive e incurabili con breve sopravvivenza? O progressive ma a lentissima evoluzione, come Alzheimer o Parkinson? O non progressive, come i postumi di gravi traumi cranici? Senza chiarezza si rischia di fare una generalizzazione che apre porte e finestre a interpretazioni e applicazioni eticamente molto pericolose: penso a gravi depressi, anoressici e simili.

Se la legge entrasse in vigore domani, che conseguenze ci sarebbero?

Ci sarebbe il grave rischio che qualunque persona, affetta da qualsiasi patologia organica o mentale, potrebbe rifiutare approcci diagnostici e cure, di bere e mangiare e di essere nutrita per vie alternative. Analoga situazione si potrebbe avere per le migliaia di persone oggi non in grado di esprimere un parere compiuto per le quali si pronuncerebbe chi si prende cura di loro, i caregivers.

La legge è davvero al riparo da interpretazioni eutanasiche, come afferma chi l’ha redatta?

Nell’attuale formulazione temo di no, andrebbe anche oltre i confini già molto rischiosi definiti da Paesi e legislazioni assai permissive.

Le ‘disposizioni anticipate di trattamento’ quali effetti possono avere per i medici?

Mi sembra evidente che di fronte al rifiuto del malato o del caregiver il medico non avrebbe alcun mezzo per procedere a diagnosi e terapie anche di malattie curabilissime. Curioso, no?

Un punto delicato è relativo alla nutrizione assistita. È davvero una terapia, dunque sospendibile, come si evince dalla legge?

Guardi, quando nacque la nutrizione con sonde naso- gastriche non esistevano le ‘sacche’ che oggi vengono utilizzate, ma si ricorreva a siringoni per iniettare lentamente frullati, cibi semiliquidi e acqua. Nessuno si sognava di considerare questo un intervento medico, anche perché veniva effettuato dai familiari dei malati. È indubbio che oggi le sacche alimentari sono molto più comode ed efficienti, ma il tema rimane non risolto. Il principio di considerare la somministrazione di cibo e acqua come un intervento medico mi lascia molto perplesso.

Si dice che all’Italia serve una legge che offra strumenti per chi vuole decidere liberamente della propria vita. Cosa ne pensa?

È una questione culturale. Se la disponibilità della vita deve essere totale e individuale allora questo disegno di legge va benissimo, ognuno in qualsiasi condizione di salute si trovi decide a proprio piacimento e il medico è obbligato a seguirne le disposizioni. Se invece si ritiene che la vita non sia a disposizione del singolo ma un bene generale da preservare per un suo valore intrinseco, allora il discorso diventa molto più articolato. Mi pare che con l’attuale proposta si entri con la motozappa in una cristalleria.

Come vive un medico questo tentativo di legiferare su casi con cui ha a che fare ogni giorno?

Soffre, oppure diventa cinico. Temo che questo approccio normativo possa far crescere generazioni di medici piuttosto problematiche da questo punto di vista. (Ognibene, Avvenire 13gen2017)

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