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Riforme fiscali. La Flat tax? Meglio aiutare le famiglie (con figli)

Detrazioni, Quoziente, Fattore o assegni. Se l’emergenza è il crollo demografico la politica deve porsi nuove priorità. 

✍️ Ne ha scritto su Avvenire il professor Matteo Rizzolli, docente di Economia presso l’Università LUMSA di Roma e esperto del Forum in politiche fiscali

 

 

La proposta di riforma fiscale avanzata dalla Lega alla prova dell’equità «orizzontale» La riforma del sistema fiscale incombe. Le direttrici indicate dalla maggioranza di governo sono due. La prima, la vera priorità dell’esecutivo soprattutto dopo le elezioni europee, è quella di sostituire l’attuale Irpef ad aliquote progressive con una Flat tax, una forma di tassazione piatta. La seconda e meno prioritaria direttrice concerne la possibilità di potenziare le politiche familiari. La necessità di rendere il fisco italiano più a misura di famiglia è sotto gli occhi di tutti, considerato il rapido declino demografico in atto nel nostro Paese. E sono solo le famiglie che stanno bene, e che guardano con fiducia al futuro, che possono tornare a fare figli.

Ma Flat tax e politiche familiari sono conciliabili? L’attuale Irpef rispetta il principio di equità verticale, secondo cui la signora Rossi, che ha un reddito maggiore del signor Bianchi, paga una tassa proporzionalmente più alta. Rispetta solo limitatamente il principio di equità orizzontale, secondo cui il signor Verdi che ha lo stesso reddito ma un carico familiare maggiore rispetto alla signora Neri paga una tassa più bassa. Questo perché, sì, sono previste delle detrazioni per i figli e familiari a carico nonché un sistema limitato di assegni familiari ma, al crescere del reddito, questi vantaggi fiscali tendono ad azzerarsi e anche per i redditi bassi sono insufficienti. Come ci ricorda l’Istat, infatti, l’arrivo del terzo figlio rende le famiglie più vulnerabili al rischio di povertà e di esclusione sociale.

Ma torniamo alle priorità del Governo. Una Flat tax pura prevede che tutti i contribuenti paghino la stessa aliquota e sebbene in una prima fase il Governo stia valutando di applicare la Flat tax solo ai redditi inferiori ai 55mila euro – mantenendo di fatto una tassazione progressiva – l’obiettivo di lungo periodo rimane quello di avere un’aliquota unica per tutti i redditi. La Flat tax non rispetta quindi il principio di equità verticale – la signora Rossi e il signor Bianchi pagano le stesse tasse anche se hanno redditi diversi – e neppure quello di equità orizzontale – il signor Verdi e la signora Neri pagano uguale benché abbiano carichi familiari diversi. C’è un modo per rendere la Flat tax orizzontalmente equa? In realtà ce ne sono diversi. I l primo modo è quello di mantenere e potenziare le detrazioni attualmente in vigore: una volta calcolato l’imponibile e applicata la nuova aliquota piatta, si potrebbe abbattere l’imposta effettiva con le detrazioni oggi previste. Queste ammontano a 950 euro all’anno per ogni figlio a carico e aumentano leggermente se il figlio è minore di 3 anni, se è portatore di handicap e se i figli sono più di tre. Dell’importo cosi calcolato si può però effettivamente detrarre solo una certa proporzione che si annulla se il reddito arriva a 95mila euro più 15mila euro per ogni figlio dopo il primo. È un meccanismo abbastanza complesso che se venisse mantenuto inalterato in combinazione con la Flat tax, finirebbe con il reintrodurre una disparità paradossale tra single senza figli anche se ricchi, ai quali si applicherebbe una tassa piatta, e famiglie con figli della classe media alle quali si applicherebbe una tassazione progressiva. Un vero pasticcio.

Esiste poi la via ‘francese’ del quoziente familiare, che è del tutto compatibile con la Flat tax. L’idea è quella di applicare l’aliquota piatta al nucleo familiare dividendo l’imponibile totale per un quoziente che aumenta all’aumentare dei carichi familiari. Ogni figlio e familiare a carico di fatto abbatte l’aliquota media pagata dai percettori di reddito del nucleo. Un’altra strada passa dal Fattore Famiglia promosso per anni dal Forum delle associazioni familiari. Come dovrebbe funzionare? Nel sistema Irpef vigente coloro che hanno redditi da lavoro dipendente inferiori a 8.000 euro non pagano nessuna imposta. Si parla in questo caso di una ‘no-tax area’. Simili detrazioni esistono per autonomi e pensionati. Questa no-tax area è uguale per tutti e quindi prescinde dal carico familiare. Se invece si utilizzasse il numero di figli e familiari a carico per determinare l’ampiezza di questa detrazione si otterrebbe un sistema fiscale che di fatto ha due aliquote: la prima pari a zero e si applica ad una porzione di reddito che è via via più alta al crescere dei carichi familiari e la seconda è pari all’aliquota della Flat-tax e si applica alla parte rimanente del reddito.

Un ulteriore modo per rendere la Flat tax orizzontalmente equa è quello di riformare radicalmente il sistema degli assegni familiari che oggi esistono nel nostro ordinamento, ma sono degli strumenti molto limitati sia in termini di platea che per gli importi. Il Forum delle associazioni familiari ha da qualche mese lanciato una campagna per l’introduzione di un assegno universale del valore di almeno 150 euro per ciascun figlio fino al ventiseiesimo anno di età se studente, che affianchi il meccanismo delle detrazioni già esistente. Altre proposte puntano a sostituire tutte le misure attuali quali le detrazioni per figli a carico, i bonus bebè, i bonus asilo nido e altre misure ancora con un assegno unico e indipendente dal reddito. Questo assegno ha due vantaggi: da una parte viene recepito anche dai nuclei familiari particolarmente poveri per i quali i meccanismi precedentemente illustrati non sono in grado di incidere, e dall’altro mantiene il principio di equità orizzontale anche per la famiglie con redditi elevati. Attorno alla proposta del Forum oggi sembra potersi coalizzare un ampio consenso politico, sia nei partiti di maggioranza sia in quelli di opposizione, anche se per ora questo consenso non si è ancora misurato con la prova dei fatti.

Detrazioni, quoziente, fattore famiglia o assegni familiari sono approcci diversi per arrivare allo stesso fine: rendere più equo il nostro sistema fiscale per le famiglie e le future generazioni. La vera differenza non la farà la scelta di quale tecnica utilizzare, ma piuttosto le risorse che il Governo ci vorrà mettere. E qui veniamo alla nota dolente. Se ad esempio si introducesse un assegno unico di 250 euro fino alla maggiore età e fino ai 26 anni per chi frequenta l’università, questo costerebbe circa 18 miliardi di euro: 35miliardi per i nuovi assegni meno 17 miliardi di tutte le misure che andrebbero sostituite. Ma la questione ci pare un’altra. Si consideri che il famoso Bonus 80 euro del 2014 costa circa 10 miliardi all’anno, il Reddito di cittadinanza a regime dovrebbe costare 9 miliardi all’anno e Quota 100 costerà 14 miliardi in tre anni.

Queste cifre ci danno l’idea che i Governi sono in grado di individuare le risorse sulle priorità della loro agenda politica e nulla ci sembra più prioritario che il promettere un avvenire demografico all’Italia. Già la trasformazione del Bonus 80 euro in assegni familiari permetterebbe di avvicinare di molto l’obiettivo. C erto, con il rigore di bilancio – che ci chiede non tanto l’Europa quanto la nostra discendenza, i nostri pochi figli sui quali graverà il nostro debito pubblico – gli spazi di manovra sono strettissimi. Sia la Flat tax sia le politiche familiari costano molto. La prima misura però diminuisce l’equità verticale del sistema fiscale mentre le seconde aumentano l’equità orizzontale dello stesso. Non abbiamo dubbi su quali dovrebbero essere le priorità di un sistema fiscale che permetta a questo Paese di guardare con serenità al futuro.